Libri

Tutti gli argomenti che tratterò in questo libro si fondano su documenti, pareri scientifici e le loro evoluzioni (la scienza non è esatta), su richiami da parte del Sistema di allerta alimentare europeo, testi e pubblicazioni. Niente è campato in aria, nulla è una mia opinione personale, frutto di supposizioni.

Non aspettatevi un libro semplice, divulgativo. Questo è un manuale di sopravvivenza con informazioni concentrate e sintetiche, un testo che vi porterà a domandarvi cosa resta da portare in tavola. Non abbattetevi, perché gli esempi di agricoltori e trasformatori eretici, eroici, esistono e spesso non li troviamo perché siamo troppo abituati al supermercato. È come quando, da piccola, mia mamma diceva: “Togli le fette di salame dagli occhi”, espressione poco delicata ma efficace per indicare che, a volte, quello che cerchiamo è proprio davanti a noi ma non lo vediamo. Alcuni capitoli sono duri, è stato difficile persino scriverli e, mentre lo facevo, pensavo alla reazione dei lettori. Non c’è un modo più leggero di raccontarvi la verità e non voglio edulcorare le frasi o nascondere nulla. 

“Non importa cosa si dice in giro, parole e idee possono cambiare il mondo”6. È una delle frasi salienti del film L’attimo fuggente, vi invito ad appuntarla, a condividerla. È il mantra che ripeto da quando ho iniziato a fare divulgazione e a occuparmi di alimentazione.

Abbiamo il potere di influenzare l’industria del cibo e di cambiarla, di fare pressioni sui legislatori e, se davvero fossimo compatti, diventeremmo la forza di lobbing più potente in Italia e non solo. Possiamo esercitare il nostro potere, alla faccia di chi studia il neuromarketing, decidendo in modo consapevole di fare un acquisto o di lasciare a scaffale un prodotto.

Il cibo è uno strumento di potere, forse il più potente.

Monia Caramma, Sustainable Food Researcher


Estratto dall’ultimo capitolo:

A volte ripercorrere la storia aiuta a capire le scelte o le tendenze attuali. La Rivoluzione verde ha creato il mostruoso monopolio delle aziende sementiere che bloccano la libera circolazione dei semi brevettandoli e la politica, dopo 40 anni, continua ad affermare lo stesso principio. La domanda che vi ho posto qualche pagina fa è se abbiamo noi consumatori bisogno di nuove specie o se sia il sistema ad aver bisogno di essere costantemente alimentato. Il serpente che si morde la coda, anche conosciuto come uroboro rappresenta, sin dall’antichità, l’infinito, senza inizio né fine, un sistema nel quale tutto torna e si autoalimenta. Nel caso dell’agricoltura le aziende hanno bisogno degli agricoltori e per tenerli in condizioni di necessità hanno una sola via, quella economica. Così nuove varietà arrivano sulla nostra tavola senza che nemmeno ce ne accorgiamo e mangiamo pasta e pane senza chiederci come è fatto. A quelli che sostengono che la mangiavano i nostri nonni e trisavoli senza avere problemi di salute, ricorderei che da 100 anni a questa parte tutto è cambiato nel mondo agricolo. Siamo passati dal trasformare ciò che ci dava la natura a seminare ciò che serve all’industria alimentare. I supermercati, ma anche tante botteghe, sono l’espressione più evidente di questo potere: troviamo in vendita solo ciò che i grossi gruppi alimentari distribuiscono. Prendiamo i pomodori a grappolo come esempio: Stratos, Parioli, Botero (spero che nessuno si sia intenzionalmente riferito al noto artista), Lotar, Arenal, sono solo alcune delle varietà coperte da brevetto. Nemmeno ci accorgiamo delle differenze tra una e l’altra, eppure le acquistiamo spesso, in tutte le stagioni. Cosa centra tutto questo con i cereali antichi e moderni? È esattamente lo stesso principio: al consumatore non va detto cosa sta mangiando perché potrebbe informarsi. O, come nella frase iniziale di Borges, acquistiamo cibi le cui caratteristiche sensazionali sono declamate dagli stessi che li producono. 

Monia Caramma