Riguarda il 15% della popolazione europea e colpisce in media 3 donne per ogni uomo, può manifestarsi sin dalla prima infanzia e accompagnare tutta la vita di una persona. Parlo della SNAS (Systemic Nickel Allergy Syndrome) che può riguardare sia dermatiti allergiche da contatto (DAC) sia reazioni collegate alla sua assunzione. Uno studio del 2014 (Ricciardi L, Arena A, Arena E, Zambito M, Ingrassia A, Valenti G, Loschiavo G, D’Angelo A, Saitta S. Systemic nickel allergy syndrome: epidemiological data from four Italian allergy units. Int J Immunopathol Pharmacol. 2014 Jan-Mar) ha cercato una correlazione tra le due accertandola in 16 pazienti su 98. La ricerca dimostra che ulteriori approfondimenti sono necessari e che, per quanto osservato, la DAC non è necessariamente collegata all’allergia da ingestione. Se avete, quindi, una reazione allergica da contatto al nichel non significa che necessariamente svilupperete anche quella alimentare.
Il nichel è un metallo contenuto in alcuni oggetti (bigiotteria, monete, utensili da cucina, pentole, chiavi, attrezzi metallici etc..), cosmetici (detergenti, mascara, rossetti, ombretti), in alcuni alimenti e nell’acqua. Il suo quantitativo negli alimenti vegetali può variare in relazione al tipo di terreno e di tecnica utilizzata per la coltivazione. I fertilizzanti tradizionali utilizzati nell’agricoltura non biologica contengono metalli pesanti e la normativa di tolleranza varia in base alle nazioni. Per esempio in Spagna la Legge 12731 del 28 maggio 1998 ammette un livello di nichel pari a 120mg/kg, mentre quella italiana (All. 1 C D.M. 27/03/98) non permette di superare i 50mg/kg. Confido che questo dato possa esservi da stimolo nel controllare la provenienza di ciò che acquistate, in particolare nel banco degli alimenti freschi.
È importante non generalizzare rinunciando a mangiare alcuni cibi, è invece fondamentale che la nostra consapevolezza aumenti e ci renda capaci di distinguerli in base alla provenienza oltre che al metodo di coltivazione. “I sintomi più comuni lamentati nella nostra popolazione erano cutanei (51 pazienti), gastrointestinali (87 pazienti) e altre manifestazioni cliniche sistemiche (37 pazienti). Inoltre, 16 dei 98 pazienti con SNAS (16,3%) presentavano un’allergia alimentare IgE-mediata, con un’associazione statisticamente significativa (X2=16,950; P<0,0001), che suggerisce quindi percorsi incrociati sottostanti. Questi risultati devono essere confermati su popolazioni più ampie, ma possono aiutare gli allergologi a sospettare, durante la comune pratica clinica, che i sintomi cutanei ed extra-cutanei possano essere riferiti all’assunzione di nichel e meritino un’indagine specifica e approfondita”. Attenzione, il nichel è vietato come componente aggiunto nei cosmetici e nei prodotti per la cura del corpo (Regolamento CE 1223/2009) ma può essere presente come impurezza delle materie prime, pertanto non indicato in etichetta nella lista INCI. Alcune aziende esplicitano di aver realizzato appositi test per verificare eventuali contaminazioni così da tutelare il consumatore.
L‘allergia al nichel è detta da accumulo in quanto o l’eccessiva assunzione o il mancato smaltimento può scatenare reazioni allergiche anche con una minima. Uno studio del 2011 ha evidenziato che nei soggetti con SNAS, il 74% dei pazienti presentava una concomitante intolleranza al lattosio, a fronte del solo 6% nei soggetti di controllo (Cazzato IA, Vadrucci E, Cammarota G, Minelli M, Gasbarrini A. Lactose intolerance in systemic nickel allergy syndrome. Int J Immunopathol Pharmacol. 2011 Apr-Jun).
Nel 2020 EFSA (European Food Safety Authority) ha aggiornato il parere scientifico sui rischi per la salute umana associati al nichel presente nei cibi e nell’acqua. Il limite è passato da 2,8 mcg/kg di peso corporeo a 13mcg per Kg di peso corporeo. Ciò significa che per calcolare il valore personalizzato dovete moltiplicare 13 per il vostro peso. Attenzione, questo non significa che sia la vostra soglia di tolleranza, ma che è il quantitativo che è bene non superare in un giorno. Gli esperti dell’EFSA hanno concluso che l’attuale esposizione alimentare cronica al nichel può essere motivo di preoccupazione per le fasce di età più giovane (neonati, infanti e bambini).
Nonostante quest’ultima importante affermazione, la legge europea in vigore, quella che stabilisce quali siano gli allergeni, non considera il nichel come tale. Mi riferisco all’Allegato II del Regolamento UE 1169/2011: sono elencati glutine, crostacei, uova, pesce, arachidi, soia, latte e derivati, frutta a guscio, sedano, senape, sesamo, anidride solforosa e solfiti in concentrazioni superiori a 10 mg/kg, lupini, molluschi (tutto quanto elencato si riferisce all’alimento in sé ed a tutti i prodotti che li contengono o che ne derivano). Probabilmente nel 2011 gli effetti del nichel non erano ancora noti e le statistiche sulle persone allergiche non venivano realizzate. Ora, invece, è un problema sociale. Pensate cosa accadrebbe se venisse inserito come allergene: le industrie dovrebbero cambiare gli impianti, etichette, l’intero comparto alimentare sarebbe devastato. Il bene del consumatore non prevale sull’economia.
I sintomi dell’allergia al nichel compaiono appena ingerito l’alimento ed entro le successive 48 ore. Possiamo distinguerli in:
- generali: stanchezza, spossatezza e malessere diffuso;
- topici: arrossamento, rush cutaneo, dermatite;
- gastrointestinali: intenso gonfiore addominale, dolore all’addome spesso con crampi, diarrea o stipsi, afte in bocca, gengiviti, muco;
- urinari: bruciore, franchi episodi di cistite;
- ginecologici: prurito, perdite, candida ricorrente;
- perdita di capelli e fragilità delle unghie;
- neurologici: cefalea, capogiri e vertigini, formicolii agli arti e crampi
- gonfiore, ritenzione idrica
Nei casi più leggeri il nostro corpo reagisce con uno starnuto; è bene non sottovalutare nessuna manifestazione e correlarla a ciò che si è mangiato o bevuto nei secondi/minuti immediatamente precedenti.
Esiste anche una correlazione tra Nichel e disbiosi intestinale perchè la sua presenza è in grado di influenza la quantità e la diversità della popolazione di batteri che compone il microbiota intestinale. In particolare diminuiscono i Bifidi e/o i Lattobacilli. C’è un duplice aspetto: il Nichel può essere manifestazione di SIBO (sovracrescita batterica dell’intestino tenue dall’inglese small intestinal bacterial overgrowth) ma anche una causa di permeabilità intestinale. Per certo sappiamo che la sua ingestione o contatto fa scattare, in alcune persone, una reazione anomala del sistema immunitario, visibile nell’aumento del numero degli eosinofili, globuli bianchi che aiutano a combattere allergie e infezioni (il loro numero, per esempio, aumenta in caso di parassiti intestinali). Anche l’anemia è correlata all’aumento della sensibilità al nichel; i due metalli hanno lo stesso sistema di veicolazione nell’intestino e in presenza di cibi ricchi o fonte di ferro, il nichel viene trasportato in minore quantità.
Online trovate molti dettagli sull’allergia al nichel e sugli alimenti che lo contengono; nella maggioranza dei casi, però, riportano valori qualitativi come alto, basso, poco, molto. È un modo approssimativo di fornire informazioni perchè non vi consente di conoscere realmente gli alimenti e soprattutto vi porta a limitarne la varietà. Mi spiego meglio: il tè risulta tra i cibi vietati a causa dell’alto quantitativo di nichel, circa 450mcg in 100g. Una bustina di tè pesa 2g, quindi contiene 9mcg di nichel, più o meno come mezza pera (alimento consentito). Alcune varietà di tè arrivano a 750mcg/100g, ovvero 15mcg per bustina, come circa 60g di gnocchi in vendita al supermercato. Solo i valori quantitativi, numerici, misurabili ci danno la possibilità di decidere, capire e scegliere con cosa alimentarci.
Vi invito a calcolare sempre la quantità in base alla dose e alla provenienza, vivrete con più serenità e sarete in grado di controllare con sufficiente precisione la quantità di nichel che ingerite.
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